Le date scandiscono la nostra vita : 15 Agosto, 25 Dicembre, 1 e 6 Gennaio, ed ora anche 27 Gennaio, o, meglio , il Giorno della Memoria. Ormai, è così, sin da quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 1 Novembre del 2005, decretò il valore universale di questa giornata per ricordare le vittime della Shoah. Come sappiamo, venne scelto il 27 Gennaio in quanto, in tale data , le truppe dell’Unione Sovietica entrarono nel campo di concentramento di Auschwitz, rivelando al mondo l’orrore del genocidio nazista. Documentari, film, libri di ogni genere hanno abbondantemente raccontato quello che, durante la guerra, molti, anche fra gli Alleati, sapevano e finsero di non sapere. Uomini, donne , bambini ridotti a larve ; esseri umani ridotti a cenere e dispersi nel vento dal fumo dei camini.
Bisogna parlarne, in continuazione, fintanto che vi sarà qualcuno che sia convinto che questa mostruosità riguardi solo gli ebrei, perché così non fu. Certo, il principale nucleo vittima del sistematico massacro fu quello ebraico, ma, ricordiamoci, vi furono anche Testimoni di Geova, omosessuali, oppositori politici, persone definite “asociali”, militari prigionieri. Quello che distinse gli ebrei dalle altre vittime fu il fatto che vennero massacrati non per una scelta di vita, o per un’opinione, ma solamente per il fatto di essere nati figli di Abramo, Isacco e Giacobbe. Questo era un elemento, già di per sé, sufficiente.
Ma, anche raccontare, non è facile; anche proporre un resoconto critico può comportare dei rischi: il proliferare indiscriminato di film, libri ed altro comporta il pericolo di strumentalizzare, anche economicamente, in modo indegno la Shoah. Testimoni che siano in grado di raccontare vengono blanditi; si chiedono loro, talvolta, racconti struggenti, terrificanti. Questa è la spettacolarizzazione della Shoah! Viene perso, così quello che è lo scopo primario di questa Giornata: la Memoria! Io atterrisco quando sento dire :”Affinchè non abbia mai più a succedere!”. Balle! E’ un inganno! Chi, fra noi, può essere talmente disonesto da guardare in faccia i propri figli e poter garantire loro un futuro sicuro per i prossimi 10-15 anni? Chi alla luce di quello che, in ogni parte del mondo, sta succedendo?
Sono così lontani dall’Italia i luoghi ove la gente si massacra nei modi più crudeli possibili? E, badate bene, non sono gli ebrei, le vittime, ma cristiani, yazidi, curdi , ed anche musulmani.
Altro punto: ha fatto comodo a molti attribuire la responsabilità delle crudeltà della Seconda Guerra ai Tedeschi;però, non dimenticate che furono in tanti coloro i quali davanti alle colonne di ebrei deportati si girarono dall’altra parte, fingendo di non vedere; furono ancora molti coloro che denunciarono, spiarono, collaborarono anche con atti sadici alla cattura dei predestinati: Polacchi ,Francesi, Ucraini, Ungheresi, Estoni, Rumeni, ed anche Italiani. E allora? Non furono forse tutti responsabili?
E ancora: parliamo sempre di Auschwitz, ed è giusto, perché, oltre che essere la realtà concentrazionaria più grande, fu campo di concentramento e di sterminio insieme; un caso unico. Però non fu l’unico campo di concentramento: ve ne furono tanti, tanti altri: Buchenwald, Bergen Belsen, Ravensbruck, Mauthausen etc.. Ve ne erano anche in Italia : la Risiera di San Saba; Fossoli ed anche Forlì. Certo , anche Forlì: l’Albergo Commercio venne adibito dai nazifascisti a campo di concentramento per gli ebrei locali e per i partigiani catturati. Un luogo ove attendere, fra orrende torture, l’ora della deportazione o, in molti casi, della morte. Anche la mia famiglia vi arrivò, in un freddo giorno del dicembre 1943. Dopo alcuni giorni furono fatti salite su un vagone piombato e trasferiti al carcere di San Vittore, Milano .Una settimana dopo, dal Binario 21 della Stazione Centrale, altro treno, altro vagone bestiame, iniziarono un viaggio senza ritorno:Auschwitz.

Morte agli ebrei

Dalla città svedese di Malmo a Berlino per giungere sino a Milano si leva, in occasione di ogni manifestazione filo palestinese, l’urlo “Morte agli ebrei”, seguendo una formula del corano che recita “Khaybar, khaybar ya yahud, jaish Muhammad saya’ud”, ovvero “Khaybar, Khaybar, o ebrei, l’armata di Maometto ritornerà”. Un coro fragoroso ripetuto otto volte dai manifestanti a Piazza Cavour, a Milano, e a chiudere il takbir, il grido di battaglia islamista: “Allah Akbar! Allah Akbar!”. Khaybar era un ‘oasi abitata da ebrei e occupata da Maometto, a capo di un esercito di 1600 uomini, ben determinati a compiere quest’opera di pulizia etnica, al grido “Uccidi, uccidi, uccidi fino alla vittoria!” . Hamas e l’Iran hanno ripreso questo motto, più volte ripetuto nei loro video e nelle loro canzoni esaltanti il terrorismo contro Israele e, più genericamente, contro gli ebrei. Qualcuno forse ricorderà l’immagine di una silenziosa folla di musulmani proni in preghiera di fronte al Duomo. Pochi, però, furono i media che riportarono quel che successe alla fine della preghiera: strali contro Israele e la bandiera dello Stato ebraico data alle fiamme. Un atto grave che, però, viene ampiamente superato dai cori del 9 dicembre scorso: mai si era verificato a Milano che, in cortei, venissero scanditi slogan di odio violento contro gli ebrei. E’ ben noto che, ancor più di quello dell’estrema destra, l’antisemitismo palestinese sia una minaccia concreta e immediata. Il messaggio di quello slogan è chiaro: l’armata islamista sta per colpire nuovamente gli ebrei. Per questo da tempo in tutta Italia sinagoghe, scuole e centri ebraici sono protette dalle camionette dell’esercito. Per questo, molti dei nostri figli evitano di indossare la Stella di Davide e di manifestare, con fierezza, il proprio ebraismo. Gli stretti legami dei Palestinesi, se non addirittura l’appartenenza, con organizzazioni terroristiche internazionali, rendono queste minacce qualcosa da considerare molto seriamente; ma, a quanto pare, le forze politiche, gli organi dello Stato e i media sottovalutano questo rischio. Siamo, forse, noi ebrei gli unici ad essere realmente coscienti della immediatezza di questo pericolo? Forse perché ognuno di noi ha famigliari in Israele e sa, concretamente cosa anche un solo palestinese, armato di coltello, possa essere in grado di fare? Ciò che invochiamo non è altro che la richiesta che la legge contro l’incitamento all’odio ed alla violenza razziale venga applicata. Solo questo basterebbe…..

Roberto Matatia

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4 COMMENTS

  1. Conosco Roberto Matatia per il nome che porta – uno delle poche persone di religione ebraica, se non erro, rimaste a Faenza – e sono sostanzialmente d’accordo sulla retorica che ci sta dietro alla Giornata delle Memoria e sul senso di responsabilità personale che investe ognuno di noi sia per quanto riguarda il passato che il presente che stiamo vivendo.
    Del resto Roberto Matatia ci richiama a quanto fosse diffusa e capillare ed estremamente efficiente la macchina genocidaria di cui i campi di sterminio erano il punto finale ed eclatante di una macchina organizzativa estremamente complessa.
    A partire dalla rete spionistica, fino ad arrivare all’ultimo vagone del treno che arrivava ad Auschwitz, di quante nostre complicità si nutriva in qualche modo l’Olocausto? Eppure magari sarebbe bastato un granello di sabbia…
    Tanti e tantissimi si sono girati dall’altra parte e adesso, a bocce ferme, ci assale l’orrore di quanto è avvenuto.
    Conserviamo uno strano concetto di giustizia: sempre invocata ma guai fare i conti con le nostre contraddizioni, archiviando al più presto se non precipitosamente i fatti storici.
    Questo è successo nel passato ventennio fascista, nel dopoguerra, fino ad arrivare ai fatti di oggi.
    Ricordo il Beato Gianluigi Spada, che aveva un forte legame intellettuale con la cultura ebraica, quanto ne rimase sconvolto al ritorno di un viaggio per famiglie organizzato da Pax Christi in Israele-Palestina: aveva toccato con mano la palese disparità di vita fra palestinesi ed israeliani, con una palese soppressione dei diritti umani delle popolazioni palestinesi.
    Lui parlava di un metodico genocidio di un popolo oppresso: quello palestinese.
    Il Beato Gianluigi Spada non era certo il tipo di andare in giro a promuovere una causa anziché un’altra e tantomeno andare a sventolare una bandiera palestinese a una manifestazione propalestina, ma certamente nessuno pubblicamente ha chiesto la sua testimonianza.
    I Testimoni e i Beati sono scomodi, si sa, per questo va il mio ricordo…

    • Oppressione dei diritti di cui sono responsabili innanzitutto i ‘fratelli arabi’ dei Palestinesi, per averli in primis esortati a lasciare quella regione, onde permettere ai 6 eserciti arabi coalizzati, nella primavera del 1948, di <> – e per poco, tra il maggio ed il giugno del 1948, non vi riuscirono, eh… -, e poi per tenerli da allora letteralmente segregati in autentiche prigioni a cielo aperto, come i campi profughi.

      Sapeva ad esempio il pur ben informato signor Gatta che i profughi Palestinesi residenti in Libano ed in Siria non possono vivere né lavorare fuori dei campi profughi, per precise disposizioni di legge adottate dagli stessi governi arabi?

      E come mai le quotidiane angherie degli stessi arabi verso i suddetti profughi Palestinesi non suscitano la medesima, coerente indignazione?

      Quanto alla equiparazione tra la Shoah ed il “genocidio palestinese”, chiunque la sostenga, e sia pure in buona fede – come sicuramente fu il caso del beato Spada – sostiene il falso.

      Ed un falso clamorosamente, spudoratamente autoevidente.

      Sull’uso della memoria della Shoah per criminalizzare Israele, ognuno giudichi pure liberamente: giudichi la coerenza di chi piange gli ebrei morti di ieri mentre demonizza gli ebrei ancora vivi di oggi, ritenendoli evidentemente colpevoli di non voler essere “ributtati a mare”.

      Quello sì che configurerebbe un vero piano genocida, al quale non era certo estraneo il gran mufti di Gerusalemme, dott. Amin el-Hussein, amico ed alleato di Hitler sino all’ultimo giorno della Seconda Guerra Mondiale (e dell’Olocausto).

      Nonché, in seguito, zio e mentore politico di un certo Yasser Arraffat.

      Cordiali Saluti,

      Claudio Carpentieri

  2. Oppressione dei diritti di cui sono responsabili innanzitutto i ‘fratelli arabi’ dei Palestinesi, per averli in primis esortati a lasciare quella regione, onde permettere ai 6 eserciti arabi coalizzati, nella primavera del 1948, di “ributtare a mare tutti gli ebrei” – e per poco, tra il maggio ed il giugno del 1948, non vi riuscirono, eh… -, e poi per tenerli da allora letteralmente segregati in autentiche prigioni a cielo aperto, come i campi profughi.

    Sapeva ad esempio il pur ben informato signor Gatta che i profughi Palestinesi residenti in Libano ed in Siria non possono vivere né lavorare fuori dei campi profughi, per precise disposizioni di legge adottate dagli stessi governi arabi?

    E come mai le quotidiane angherie degli stessi arabi verso i suddetti profughi Palestinesi non suscitano la medesima, coerente indignazione?

    Quanto alla equiparazione tra la Shoah ed il “genocidio palestinese”, chiunque la sostenga, e sia pure in buona fede – come sicuramente fu il caso del beato Spada – sostiene il falso.

    Ed un falso clamorosamente, spudoratamente autoevidente.

    Sull’uso della memoria della Shoah per criminalizzare Israele, ognuno giudichi pure liberamente: giudichi la coerenza di chi piange gli ebrei morti di ieri mentre demonizza gli ebrei ancora vivi di oggi, ritenendoli evidentemente colpevoli di non voler essere “ributtati a mare”.

    Quello sì che configurerebbe un vero piano genocida, al quale non era certo estraneo il gran mufti di Gerusalemme, dott. Amin el-Hussein, amico ed alleato di Hitler sino all’ultimo giorno della Seconda Guerra Mondiale (e dell’Olocausto).

    Nonché, in seguito, zio e mentore politico di un certo Yasser Arraffat.

    Cordiali Saluti,

    Claudio Carpentieri

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