Come un fulmine a ciel sereno, una nuova inchiesta della Procura di Forlì squarcia la routine di Palazzo di Giustizia. Si indaga su una avvocatessa amministratore di sostegno di persone fragili su cui c’è il sospetto che si sia appropriata di circa 114mila euro di chi doveva tutelare. Il caso seguito per conto della Procura dalla Guardia di Finanza è scoppiato un mese fa e l’indagine è ancora in corso, e avrebbe coinvolto un qualche modo anche una dipendente dello stesso Palazzo di giustizia di Forlì. I soldi trovati anche nei conti di parenti sono stati sequestrati e l’avvocatessa è stata destinataria di una misura interdittiva del Gip che l’ha sospesa per un anno.
Introdotta nel nostro ordinamento nel 2004, l’amministrazione di sostegno costituisce una misura di protezione delle persone che per l’età o per disabilità fisiche o psichiche, si trovano in una condizione di fragilità, anche temporanea, e non sono in grado di attendere autonomamente ai propri interessi. L’ipotesi dell’accusa, del caso di Forlì, – ancora tutto da verificare – porterebbe alla luce un ammanco di oltre 114mila euro. In questo caso l’ipotesi dell’accusa non sarebbe il reato di appropriazione indebita, ma del più grave reato di peculato. La condotta dell’amministratore di sostegno che si appropri indebitamente del denaro del beneficiario, integra il reato di peculato di cui all’art. 314 c.p., sanzionato con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi.